Description
Ah, sei tu dunque l’arlìa. L’ho riconosciuta arrivare e prendere il canto trasformato in lamento.
Il dondolio lento del serpente nei tuoi occhi; ora si appoggiano a terra, ora rincorrono il cielo.
Sei tu dunque l’arlìa. Ti sorreggo. Le tue braccia si stirano, tagliano l’aria lasciando l’abbandono del letto dove ancora stai, anni ad attendere che l’incanto ti lasci.
Non sento. Ti ascolto eppure non sento. Solo un sibilo a tratti dalle labbra, il fischio della biscia. Perché le bisce fischiano, ma io non so fischiare.
Non sono mai stata capace. Non ti posso richiamare.
Da quale luogo ti trarrò arlìa? Andrò a cercare il vento di garbino, o quello di tramontana a portar via il tuo soffio venefico? Non so, ancora non lo so che il vento rasentando il suolo ti accalora la pelle e dispiega il tuo gemito disperso in calura. Ti coprirò di un panno che te ne leghi il tremito.
E, finalmente, dormi. Un’ora, due o non so perché invece io non riesco a dormire. Sempre più lucida guardo in fra mezzo ai tuoi quadri, ai lumini, alle vesti stese. Ritaglio sentieri. Ti porterò nei boschi, forse che, nel mezzo delle foglie, tu ritrovi la tela che ti catturi. Ma tu non vuoi venire. E dondoli ancora scuotendo il capo, ti cullerò, allora, che tu dorma o ritorni con i miei anelli di suoni.
E, finalmente, cantando ti svegli. Non vuoi venire con me a bagnarti nel fiume, ma, almeno, bevi.
Una delle donne antiche cantò e qui son giunta senza nessuna scorta, son giunta sola col mio canto.
(Dina Staro, Monghidoro, gennaio 1984)
Catene d’oro e Coltelli d’argento è un racconto crudele con tratti sgarbati.
Usiamo storie, vissuti e suoni come bisturi dell’anima e anelli di forza, coltelli d’argento a tagliare i venti fatali dei crinali e catene d’oro a legare i precari vaganti e danzanti.
La gente appenninica non “nomina” dolore e amore, ne agisce e tramanda gli effetti nel suono, nel canto, nella danza, nella festa. Sono forze di morte e vita che scorrono legando vissuti e tagliando limiti. Così, scartata la adattabilità, rifiutata l’innocenza, esponiamo contraddizioni stridenti di suoni e movimenti, le stesse che nella festa, come suonatori, aggraziamo e diversamente governiamo.
Perché questo viaggio è dedicato a noi stessi, al lato oscuro della festa, a chi ha accompagnato la nostra vita. Mille le dediche della nostra memoria, ogni canto respiro di altre vite.
Dina e Ricardo, 28 maggio 2024
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